IL TRIBUNALE
   ha  pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento iscritto al
n. 353/08  r.g.,  pendente tra C. F. elett. te domiciliato in Tivoli,
viale  Mannelli  n. 1,  presso  lo  studio  dell'avv.  Simone Ariano,
unitamente  all'avv. Giampaolo Ruggiero, che lo rappresenta e difende
giusta delega a margine del ricorso, ricorrente e Istituto Statale di
Istruzione  Superiore  «Z.»,  in persona del dirigente scolastico pro
tempore,  delegato  a  stare  in  giudizio ai sensi dell'art. 417-bis
c.p.c. Ministero della pubblica istruzione, resistenti.
   Oggetto: procedimento d'urgenza.
   Il giudice osserva:
     l'odierno  ricorrente ha premesso, in sede di atto introduttivo,
di  essere inquadrato nei ruoli ATA del personale della scuola, quale
collaboratore  scolastico  a  tempo indeterminato, in servizio presso
l'istituto  resistente;  di  essere  residente  insieme  alla  madre,
affetta  da handicap certificato ai sensi della legge n. 104/1992; di
essere l'unico soggetto in grado di prendersi cura della madre stessa
e  di  avere  quindi presentato al suddetto istituto (alla data del 9
ottobre 2007) un'istanza per il riconoscimento del diritto al congedo
straordinario  retribuito  previsto  dall'art.  42,  comma  5, d.lgs.
n. 151/2001,   motivata  dalla  necessita'  di  assistenza  alla  sua
congiunta  e  che  tale  domanda era stata rigettata, sul presupposto
della  mancata  menzione  del  figlio  del  genitore  disabile  tra i
soggetti legittimati alla fruizione del congedo medesimo; in punto di
diritto,  in riferimento alla sentenza costituzionale n. 158/2007, il
ricorrente  ha  quindi  invocato un'interpretazione adeguatrice della
normativa  interna  e la conseguente estensione del relativo diritto,
oltre  che  ai  soggetti  espressamente previsti dal vigente sistema,
anche al figlio del genitore disabile; assumendo anche la sussistenza
del presupposto specifico del periculum in mora, ha quindi chiesto di
ordinare ai resistenti di garantire il proprio diritto alla fruizione
dei  relativi  benefici  ovvero,  in via subordinata, di sollevare la
relativa questione di legittimita' costituzionale;
     il  punto  di  riferimento  normativo per valutare la fondatezza
delle allegazioni del ricorrente e' quindi rappresentato dall'art. 42
del  d.lgs. n. 151/2001, contenente il testo unico delle disposizioni
in materia di sostegno della maternita' e della paternita', il quale,
nei  primi  tre  commi,  si  occupa  specificamente della materia dei
riposi  e dei permessi fruibili dai genitori di bambini in situazione
di  handicap  grave, richiamando la disciplina dell'art. 33, comma 2,
legge  n. 104/1992,  con il conseguente diritto a due ore di permesso
giornaliero  retribuito  sino al compimento del terzo anno di eta' e,
dopo  il  compimento  del  terzo  anno,  alla  fruizione dei premessi
previsti  dal  comma  3,  della  stessa  legge n. 104/1992 mentre, al
compimento  della maggiore eta', i genitori hanno diritto ai medesimi
permessi,  purche' sussista situazione di convivenza con il figlio o,
anche   in  assenza  di  convivenza,  una  situazione  di  assistenza
continuativa ed esclusiva; l'art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151/2001
stabilisce  altresi'  che la lavoratrice madre o il lavoratore padre,
in  alternativa,  ovvero,  dopo  la  loro scomparsa, il fratello o la
sorella  «conviventi»  di  soggetto  con handicap grave (in ordine al
quale  l'art.  4,  comma  106,  legge  n. 350/2003  ha  eliminato  il
requisito  temporale  dei  cinque  anni  di  decorrenza  del relativo
status), i quali abbiano diritto alla fruizione dei benefici previsti
dall'art.  33,  comma  1, dello stesso testo normativo (prolungamento
del  congedo parentale) ovvero alle due ore di permesso retribuito ed
ai tre giorni di permesso mensile previsti dall'art. 33, comma 2 e 3,
legge  n. 104/1992, hanno diritto alla fruizione del congedo previsto
dall'art.  4,  comma  2, legge n. 53/2000, per il periodo massimo ivi
previsto e retribuito secondo le modalita' ivi indicate, da concedere
entro  i  sessanta  giorni  dalla  richiesta,  per un periodo massimo
complessivo di due anni (secondo quanto gia' previsto dal comma 4-bis
della  stessa  legge,  inserito  dall'art.  80,  comma 2, della legge
n. 388/2000,   che   al   comma  2  faceva  espresso  rimando);  tale
disposizione, quindi, viene invocata dall'odierno ricorrente;
     tale  disposto  e'  stato  esaminato  dalla Corte costituzionale
nella  sentenza  n. 233/2005,  emessa  a  seguito  di  ordinanza  che
prospettava l'illegittimita' della suddetta norma, nella parte in cui
prevedeva la legittimazione dei fratelli o delle sorelle «conviventi»
a  fruire  del  congedo  solo in caso di scomparsa dei genitori e non
anche  in  caso  di  loro  impossibilita'  ad assistere il figlio per
essere, a loro volta, inabili;
     nella  motivazione, la Corte aveva osservato che «la ratio legis
della   disposizione   normativa   in  esame  consiste  nel  favorire
l'assistenza  al  soggetto  con handicap grave mediante la previsione
del  diritto  ad  un  congedo  straordinario  -  rimunerato in misura
corrispondente  all'ultima  retribuzione  e  coperto da contribuzione
figurativa -  che,  all'evidente fine di assicurare continuita' nelle
cure  e  nell'assistenza ed evitare vuoti pregiudizievoli alla salute
psico-fisica  del  soggetto  diversamente  abile, e' riconosciuto non
solo  in  capo  alla lavoratrice madre o in alternativa al lavoratore
padre  ma anche, dopo la loro scomparsa, a favore di uno dei fratelli
o  delle  sorelle  conviventi;  aveva quindi osservato che "la tutela
della  salute  psico-fisica  del  disabile,  costituente la finalita'
perseguita  dalla  legge  5  febbraio  1992, n. 104 (Legge-quadro per
l'assistenza,  l'integrazione  sociale  e  i  diritti  delle  persone
handicappate),  che  la  norma  in esame concorre ad attuare, postula
anche l'adozione di interventi economici integrativi di sostegno alle
famiglie,   il   cui   ruolo   resta   fondamentale   nella   cura  e
nell'assistenza   dei   soggetti  portatori  di  handicap.  Tra  tali
interventi  si  inscrive  il  diritto  al  congedo  straordinario  in
questione,  il  quale  tuttavia  rimane  privo di concreta attuazione
proprio  in situazioni che necessitano di un piu' incisivo e adeguato
sostegno,  come  quella,  prospettata  dal  giudice rimettente, nella
quale  la  presenza  del  genitore  totalmente  invalido  e  privo di
autonomia -  che  nella  specie  ha  altresi' diritto ad assistenza -
esclude   che  possano  beneficiare  dell'agevolazione  in  esame  il
fratello  o  la  sorella  conviventi del soggetto diversamente abile,
benche'  questi  si  diano  cura  di  entrambi.  Ai fini della tutela
prevista   nella   norma,  la  scomparsa  del  genitore  deve  essere
considerata  alla  stregua dell'accertata impossibilita' dello stesso
ad  occuparsi  del  soggetto handicappato. E' dunque incostituzionale
l'art.   42,   comma   5,  del  decreto  legislativo  in  esame,  che
irragionevolmente  limita  il  congedo  in  capo  ai  fratelli e alle
sorelle  del  soggetto handicappato al caso di scomparsa dei genitori
cosi'  non estendendo la tutela al caso di genitori impossibilitati a
provvedere  al figlio handicappato, trattandosi di una situazione che
esige  la  medesima protezione di quella esplicitata nella norma"; la
norma  suddetta  e' nuovamente giunta all'attenzione della Corte che,
nella  sentenza  n. 158/2007, ha preso in esame la questione relativa
alla  legittimita'  costituzionale  dell'art.  42,  comma  5,  d.lgs.
n. 165/2001,  nella parte in cui non prevedeva il diritto del coniuge
di  soggetto  con  handicap grave a fruire del congedo retribuito ivi
indicato   per  contrasto,  sulla  base  dell'ordinanza  del  giudice
remittente,  con  gli artt. 2, 3, 29 e 32 della Costituzione; in tale
sede,  la  Corte  ha  quindi  osservato  che  risulta  «evidente  che
l'interesse   primario  cui  e'  preposta  la  norma  in  questione -
ancorche'   sistematicamente   collocata   nell'ambito  di  un  corpo
normativo  in  materia  di  tutela  e  sostegno  della  maternita'  e
paternita - e' quello di assicurare in via prioritaria la continuita'
nelle cure e nell'assistenza del disabile che si realizzino in ambito
familiare,  indipendentemente  dall'eta' e dalla condizione di figlio
dell'assistito»;   rilevando  altresi'  come  la  Corte  avesse  gia'
sottolineato  la centralita' del ruolo delle famiglia nell'assistenza
del   disabile   (sent.  n. 350/2003,  relativa  al  beneficio  della
detenzione  domiciliare nei confronti di genitore di figlio portatore
di  handicap);  la  Corte  ha  quindi rilevato come l'esclusione, dal
novero  dei  soggetti  legittimati  a  richiedere il relativo congedo
straordinario,   del   coniuge   convivente,  confliggesse  con  tale
finalita',   in   violazione   degli  artt.  2,  3,  29  e  32  della
Costituzione,  essendo  il  coniuge  tenuto ad obblighi di assistenza
materiale  e morale del proprio consorte, facendo formale riferimento
all'art. 433 codice civile, relativo all'obbligo alimentare (ma, deve
ritenersi,  piu'  propriamente,  in  relazione  all'espresso disposto
dell'art.143  del  codice  civile);  la  Corte  ha  quindi dichiarato
illegittima  la norma nella parte in cui non prevedeva tra i soggetti
legittimati  alla  fruizione  del  congedo,  in  via  prioritaria, il
coniuge convivente con il portatore di handicap grave;
     tanto  premesso,  va  quindi constatato come l'art. 42, comma 5,
d.lgs. n. 151/2001, anche a seguito del testo risultante dalle citate
sentenze  additive, non contempli il figlio convivente tra i soggetti
legittimati  alla  fruizione  dello  speciale  congedo retribuito ivi
previsto.
   Va  quindi  rilevato  che  la questione relativa alla legittimita'
costituzionale  appare, in riferimento al disposto dell'art. 23 della
legge 11 marzo 1953, n. 87:
     a)  rilevante,  in quanto la pretesa azionata dal ricorrente non
puo'  che  essere esaminata in riferimento alla predetta disposizione
risultando   altresi',   in  punto  di  fatto  (dalla  documentazione
depositata),  che  l'istante  e'  l'unico  soggetto convivente con la
madre  e  che  la stessa, dall'eta' di anni 88, e' stata riconosciuta
affetta  da  handicap  grave,  ai  sensi  dell'art. 3, comma 3, legge
n. 104/1992,  dalla competente commissione della AUSL locale, in data
28 novembre 2002; ugualmente, risulta che il ricorrente ha presentato
istanza  di concessione del congedo straordinario e che la domanda e'
stata rigettata dall'istituto scolastico di appartenenza;
     b)  non  manifestamente infondata; difatti, anche traendo spunto
dalle   motivazioni   delle   citate  sentenze  costituzionali,  deve
evincersi  come  la  materia  dei  congedi e dei permessi concessi in
relazione  alle necessita' del soggetto portatore di handicap, pur se
formalmente  collocata  in  un  testo normativo emesso a tutela della
paternita'   e   della  maternita',  sia  attinente  all'esigenza  di
assicurare  continuita'  nell'assistenza  e  nelle cure del disabile,
indipendentemente dal suo status di figlio.
   Pertanto, in presenza di disposizioni che assicurano il diritto al
congedo  straordinario,  oltre  che ai genitori, anche ai fratelli ed
alle sorelle conviventi (sia in caso di scomparsa dei genitori che di
loro   impossibilita'   a   prestare   assistenza)   ed  al  coniuge,
l'esclusione  dal  novero  dei  soggetti  legittimati  del figlio del
disabile,  in  mancanza  di  altre  persone idonee ad occuparsi dello
stesso   (ed  indipendentemente  dalla  valutazione  in  ordine  alla
graduazione  di priorita' rispetto ad altri familiari, non essendo il
relativo  aspetto  rilevante  nel  caso  di  specie), appare idonea a
violare   le  disposizioni  costituzionali  richiamate  dalla  citata
sentenza n. 158/2007.
   In   particolare,  lo  status  di  figlio  e'  fonte  dell'obbligo
alimentare  previsto  dall'art. 433 codice civile, citato dalla Corte
nella  motivazione di tale pronuncia, nell'ambito del quale il figlio
medesimo  e'  collocato  in  via  prioritaria  rispetto  allo  stesso
genitore  dell'avente  diritto  (ma  puo' essere utilmente richiamato
anche  l'art.  315  del  codice  civile,  che stabilisce il dovere di
«rispetto» del figlio convivente nei confronti dei genitori, anche se
in  una  sedes  relativa  all'esercizio  della  potesta'  sul  figlio
minorenne);  di  conseguenza,  il mancato riconoscimento del relativo
diritto  nei  confronti  del  figlio  convivente,  rispetto  a quanto
previsto  per i genitori, il coniuge ed i fratelli conviventi, appare
fonte  di  un'ingiustificata  disparita' di trattamento, in relazione
all'art. 3, comma 1, della Costituzione.
   Ugualmente,  l'esclusione  appare  tale  da violare l'art. 2 della
Carta  fondamentale, che richiede il rispetto dei doveri inderogabili
di  solidarieta'  e  la  conseguente  predisposizione  di  misure che
consentano  l'esercizio dei medesimi nonche' dell'art. 32 della Carta
nella parte in cui garantisce il diritto alla salute, suscettibile di
essere  violato nel momento in cui non venga garantito ad un soggetto
lavoratore,  avente lo status di unico convivente con persona affetta
da   stabile   disabilita',   la  predisposizione  di  idonee  misure
finalizzate alla prestazione della necessaria assistenza.
   Per  l'effetto,  si  ritiene  di  sottoporre all'esame della Corte
costituzionale   la   legittimita'  dell'art.  42,  comma  5,  d.lgs.
n. 151/2001,  nella  parte  in  cui  esclude  dal novero dei soggetti
legittimati  a  fruire del congedo ivi previsto il figlio convivente,
in  assenza  di  altri soggetti idonei a prendersi cura della persona
affetta  da  handicap  grave,  ai  sensi  dell'art. 3, comma 3, legge
n. 104/1992.